domenica 18 marzo 2012

PUBALGIA NEL GIOVANE ATLETA



Chiamata anche s.retto-adduttoria, la pubalgia è una sindrome dolorosa a carattere invalidante, molto diffusa in ambito sportivo, che interessa la regione addomino-pubico-crurale. La causa è da ricercare in attività e gesti atletici ripetuti che determinano fenomeni di sovraccarico con comparsa di flogosi e micro lesioni tissutali. Alla base della malattia vi sono fattori esterni come il sovraccarico funzionale, microtraumatismi ripetuti, errori nell’allenamento e tecnica, terreni e attrezzature non adeguate, e fattori intrinseci all’atleta di tipo anatomo-posturale.

Su una ristretta superficie del pube confluiscono importanti forze tensionali provenienti dall’alto (m. retto, obliquo e trasverso dell‘addome) e dal basso (m. adduttore lungo e breve, m. gracile) che lavorano in modo antagonistico. In questo modo il pube viene esposto a continue sollecitazioni e a traumi ripetuti che si accentuano in alcuni sport come il calcio, o in pazienti che presentano dismetrie degli arti inferiori, alterazione dei piedi, squilibri dell’articolazione sacro-iliaca, patologie della colonna vertebrale (scoliosi, dorso curvo, iperlordosi, ecc.), ma anche la malocclusione dentale con disfunzione dell’apparato masticatorio può causare dei compensi muscolari responsabili di pubalgie a distanza.






Il sintomo principale è il dolore che insorge nella maggior parte dei casi in modo insidioso e graduale, in una percentuale minori di casi insorge in modo acuto dopo un trauma.

Per effettuare una corretta diagnosi ci si avvale di diverse figure professionali e un attento esame clinico e posturologico sia statico che dinamico. Verrà esaminato il rachide per valutare l’eventuale presenza di alterazioni delle fisiologiche curvature (cifosi, lordosi, scoliosi), la presenza di insufficienza muscolare o retrazioni, instabilità o artrosi lombo-sacrali. Molto importante è la valutazione dell’estensibilità dei gruppi muscolari che spesso appaiono alterati in questi pazienti, in particolare a carico degli ischio-peronei-tibiali e dell’ileopsoas.

La RMN è l’indagine strumentale più completa, permettendo lo studio sia i tessuti molli sia il tessuto osteocartilagineo già in fasa precoce.



Il trattamento della pubalgia acuta prevede: riposo dall’attività sportiva, assunzione di farmaci antinfiammatori, ghiaccio in caso di strappo muscolare, fisioterapia strumentale (laser, ultrasuoni, elettroterapia, tecar) e riabilitativa. Quest’ultima prevede 3 fasi:

- nella prima si effettueranno esercizi di mobilità dell’anca, cyclette senza resistenza, idrokinesiterapia;

- nella fase intermedia quando il dolore e la tumefazione si riducono, si inizia con esercizi di leggero stretching degli adduttori, si aumenta la resistenza alla cyclette, si continua con l’idrokinesiterapia, si iniziano esercizi propriocettivi muscolari, si continua con la terapia strumentale;

- nella fase avanzata si continua con gli esercizi di stretching, si iniziano esercizi funzionali dopo riscaldamento e stretching, jogging, corsa e esercizi con resistenza progressiva.

Il ritorno all’attività sportiva è possibile quando la mobilità è completa senza dolore, si possono eseguire tutti gli esercizi funzionali specifici dello sport senza dolore, si è recuperata la forza dei muscoli adduttori, abduttori, estensori e flessori.

L’atleta deve seguire un rigoroso programma di stretching degli adduttori pre e post- attività sportiva.






Nei casi di pubalgia cronica, dopo un’accurata diagnosi e dopo aver effettuato la terapia causale di eventuali altri disturbi (per es. con bite, plantare, lenti correttive), si procede alla ginnastica posturale, che ha la funzione di riequilibrare le tensioni muscolari e i compensi errati che hanno determinato la pubalgia. Questo tipo di trattamento riabilitativo deve essere effettuato da un’ equipe specializzata (fisiatra, fisioterapista, osteopata) che pianifica un programma riabilitativo specifico per ogni singolo paziente.






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